Albania, il paradiso a sorpresa

24
Nov

Albania, il paradiso a sorpresa

Sorry but you voted already!

“Lonely Planet” l’ha eletta destinazione top 2011. Un nostro cronista se n’era già accorto e ci spiega il perché. Tra natura, memorie del passato antico e recente, e contraddizioni da desiderio di rinascita

Albania, il paese che Lonely Planet pone al primo posto nella top ten delle nazioni da visitare nel 2011. Nessuno come l’italiano medio, può essere più sorpreso da una classifica che relega il Brasile al secondo posto e il nostro paese addirittura al settimo. Ma come, anni di Tg farciti di scafisti albanesi, immigrati (e diciamo così per essere politically correct, le definizioni spesso erano di altro stampo) albanesi… adesso venite a raccontarci che sull’altra sponda dell’Adriatico c’è il paradiso?

Premesso che il paradiso in terra non esiste, quelle cronache risalgono soprattutto agli anni Novanta, quando gli albanesi si lasciarono alle spalle il regime comunista di Enver Hoxha e si avventurarono oltremare credendo di trovare quantomeno l’America. E le carrette del mare ricoperte di carne umana in fuga, approdate anche sulla copertina del Time, appartengono al passato. Da Lonely Planet giunge non solo un invito a rivedere certi (pre)giudizi derivati dall’esperienza “domestica”. E’ l’esortazione ad aprire mente e cuore a un’esperienza di viaggio di insospettabile fascino, tra mare e montagna, storia e natura, cibo e cultura. Purché ci si prepari a incontrare un paese e un popolo alle prese con le tipiche contraddizioni di chi vive una modernizzazione a tappe forzate, con il rischio di perdersi in una globalizzazione senza anima.

Quella che vuole arginare Edi Rama, sindaco di Tirana e segretario del partito socialista, alle prese con le tensioni di una capitale divisa tra desiderio di occidentalizzazione e conservazione dell’identità. Nel 2004, un sondaggio su internet indicò in Rama il miglior primo cittadino del mondo per il suo impegno nella riqualificazione dal degrado degli spazi urbani. In particolare, fu apprezzata la sua idea di rigenerare interi quartieri riverniciando vecchi edifici e cadenti prefabbricati con colori accesi, dal viola all’arancione, in modo da sviare lo sguardo dalle tristezze architettoniche.

Lo stesso sindaco oggi si oppone all’idea di distruggere il piramidale mausoleo di Enver Hoxha per far posto alla nuova sede del parlamento, come vorrebbe il premier Sali Berisha, leader del partito democratico. I ragazzini sono tutti con Rama: dove trovare una rampa di lancio migliore per i loro skateboard? Silenziosa ed enigmatica, da un museo della capitale osserva la contesa “La bella di Durazzo”, uno dei più antichi mosaici d’Europa.

Durazzo, Epidamno per i colonizzatori greci, Durachium con l’arrivo dei romani, che fecero dell’Albania la provincia dell’Illiria, la più importante città portuale del paese. Qui, nel 49 avanti Cristo, si fronteggiarono Cesare e Pompeo. Qui, oggi nessuno sembra farsi troppi scrupoli su come utilizzare le rimesse degli immigrati e gli investimenti dall’estero. Facilmente raggiungibile in quanto a soli 30 chilometri dall’aeroporto internazionale di Tirana, a cui la collega una nuovissima autostrada, Durazzo mostra il volto più preoccupante della rincorsa albanese al benessere e all’Unione Europea. Una passeggiata al porto, teatro della prima grande fuga via mare. Alzi gli occhi e…

“Meravigliosi, vorrei vivere proprio lassù”. Ecco cosa vi risponderanno nove albanesi su dieci se chiedete loro cosa pensano dei palazzoni di venti piani cresciuti quasi dal nulla davanti alle banchine, togliendo il sole ai quartieri della città vecchia. All’inizio degli anni Novanta, pochi chioschi con bibite dalle marche sconosciute contrappuntavano umilissimi esercizi di pasticceria, profumi, bigiotteria. Prove di libero commercio in una città che oggi esibisce con orgoglio centri commerciali, sportelli bancomat, negozi di telefonia, insegne al neon.

E la prestigiosa sede di una banca italiana di fronte alla grande moschea, tornata splendida solo dopo la caduta del regime. Sulle strade sterrate dove una volta transitavano vecchie auto e decrepiti autobus di fabbricazione tedesco-orientale oggi regna l’asfalto e un traffico allegramente caotico e sregolato. Le auto? Sempre tedesche, ma adesso gli albanesi circolano in Mercedes fiammanti, primascelta assoluta, e scooter mostruosi. Ovviamente senza casco. Il vero “popolo della libertà” è qui. E nel suo guardare al futuro sembra non prestare più attenzione al passato. Così il cemento toglie il respiro all’antica torre turca, all’anfiteatro romano del II secolo avanti Cristo, venuto alla luce quasi per caso nel 1966 durante i lavori di scavo in un giardino. E ancora le terme, o le mura che gli stessi romani edificarono per arginare le scorrerie dei barbari.

Da italiani, a Durazzo si possono vivere tanti piccoli piaceri. Mangiare pesce freschissimo costa meno di una pizza. La Pausini qui è ancora più amata di Lady Gaga. Nonostante il divieto, si fuma dappertutto. Se si dà confidenza al cameriere, lui racconterà dei grandi festeggiamenti per la vittoria dell’Inter in Champions. Quasi tutti parlano un po’ di italiano e, se presti loro attenzione, ti saluteranno con un sorriso dandosi una manata sul cuore. Non prima di averti introdotto ai piaceri del byrek (pronuncia: biurek), fragrante sformato di pasta sfoglia farcito di carne, spinaci o formaggio, da accompagnare con lo yogurt. Pochi lek al tassista valgono una corsa dal centro lungo i 30 chilometri della via del mare.

Difficile ammirare la pulizia dell’Adriatico nel primo tratto di spiaggia. I kossovari fuggiti dalla loro terra contesa hanno messo in piedi una sequenza senza fine di bar e rosticcerie dai nomi che sprizzano orgoglio nazionalistico. Qui i “cugini” del nord, giunti da Pristina e Gostivar, ma anche dalla Germania, dove in tanti hanno trovato lavoro, consumano carne e bevono birra sin dalle prime ore del mattino, dopo aver passeggiato sulla battigia dal tramonto all’alba. Cosa che fa infuriare gli originari abitanti di Durazzo, che sulla sabbia non riescono più a fare neanche il footing. Assediato dal bazar kossovaro, ecco l’Hotel Adriatik, sorta di monumento nazionale. In questo albergo una volta alloggiavano solo i diplomatici degli altri paesi comunisti. Agli albanesi era vietato anche avvicinarvisi. Oggi Berisha accoglie qui le delegazioni straniere, le cui foto campeggiano nella hall, in un ambiente pulito, dotato di ogni comfort e con un servizio d’altissima qualità. Di cui godono soprattutto i turisti stranieri.